venerdì 14 ottobre 2016

“Padua: urbs picta”



A Padova, in occasione della seconda edizione della BTRI, borsa turismo religioso internazionale,
“eductour”
per la stampa di settore tra arte, tavola, arte e ancora tavola…
Ma quanto siamo ricchi di arte? (…e di tavola?) I giornalisti presenti non erano certo di “primo pelo”
ma proprio tutti sono rimasti a bocca aperta all’uscita da chiese e musei (e anche… dai ristoranti)
Complice una bella “ottobrata” il viaggio-stampa - organizzato da DRAGOPRESS - comincia sotto i migliori auspici dal centro del capoluogo veneto con le tappe previste, quelle canoniche della “città del Santo”: l’omonima Basilica, l’Arena Romana, Duomo e Battistero, Cappella degli Scrovegni, Chiesa degli Eremitani, il Ghetto ebraico con sinagoga e museo, l’Orto Botanico (dal 1997 patrimonio dell’umanità Unesco) il Palazzo della Ragione e l’Università 'Il Bò', frequentata da Galileo, Copernico, dal Petrarca, ecc. La trasferta prevede anche qualche digressione nei paraggi: nel quartiere Arcella alla chiesetta intitolata a Santa Maria della Cella dove sant’Antonio fu condotto morente, al santuario antoniano di Camposampiero, a Cittadella per una piacevolissima passeggiata nel “camminamento delle ronde” sulle mura restaurate, al castello di Monselice, al Palazzo e alla loggetta del Monte di Pietà, alla chiesa di san Paolo e al museo civico, fino al Santuario Giubilare delle Sette Chiese e alla villa Nani-Mocenigo, siti per l’occasione amabilmente descritti dall’esimio prof. Riccardo Ghidotti che ha affascinato i presenti con le sue narrazioni.
Tra le variazioni sul tema, la visita al “museo della storia della Medicina”, sito in città nell’ex ospedale di san Francesco, ha lasciato tutti, inaspettatamente, esterrefatti: senza dubbio grande parte del merito va alla direttrice Elisa Salvato (…affetta da RLS??) travolgente nel descrivere il sapere medico dalle origini – dal codice Hammurabi alla medicina sapienziale fino a quella moderna – tra le sale dedicate all’anatomia, alla fisiologia, alla patologia e alla terapia, con trattazioni sull’apparato motorio, digerente e riproduttivo, sul sistema nervoso, occhio, orecchio, cuore e polmone, sugli anestetici, gli antibiotici e i vaccini e con la possibilità di sfogliare “veri” testi, antichi volumi ancora scritti a mano dagli scienziati, ma con tanto di traduzione – una struttura (avveniristica) che raccoglie, custodisce e valorizza testimonianze della cultura medica scientifica padovana, ma anche internazionale. Un complesso sistema - alla fine semplicissimo - dove è “vietato non toccare” (!) – gestito da apparati software e sistemi multimediali che permettono analisi in tempo reale, esami, visualizzazioni di scheletro, muscoli e organi umani in grandezza naturale, componibili e scomponibili, sezionabili e scrutabili all’infinitesimo da tutte le prospettive, guidati da voci digitali e non: un vero
luna park per i visitatori più piccoli, che trovano diversi percorsi giocosi (e non vogliono più andare via…) ma in effetti scientificamente tutti attendibili anche per gli adulti, uomini, donne, e medici, chirurghi compresi!
Per i tanti operatori della comunicazione partecipanti a questo viaggio stampa - quasi tutti giunti ormai all’ennesima frequentazione del capoluogo veneto, in occasione di fiere, convegni (e per il sottoscritto anche per incontri enogastronomici… perché questa zona è famosa per "risi e bisi" e "pasta e fasoi", per il prosciutto Veneto Berico Euganeo, per il "bollito alla padovana", il radicchio e i formaggi… il “dolce di Federico II” e per concludere, il caffè “macchiato menta e zabaione”, tipicità sempre proposta dallo storico caffè Pedrocchi di piazza Cavour - lì da 200 anni! - "il caffè senza porte” aperto giorno e notte) - visitare un po’ meno frettolosamente e con tanto di guida esperta chiese, palazzi e musei, è stata davvero un’opportunità da non perdere e, così si impara che nella chiesa del Santo vi sono “lunette” che trasmettono la storia cristiana per mano di artisti quali Giotto, Mantegna, Giorgione, Tiziano, Giambattista Tiepolo, Gianantonio Canal, più noto come Canaletto e ancora, Sebastiano del Piombo Lorenzo Lotto, Giusto de' Menabuoi, Altichiero, Vittore Carpaccio, Giovanni Bellini, Cima da Conegliano, il Pordenone e potremmo continuare per un altro paio di pagine… Infine assistendo incantati alla visita in notturna della cappella del Santo, con tanto di spiegazioni di fra’ Giuliano, squisitamente competente e lapidario nelle chiose (quando ci vuole… ci vuole!).
Ah dimenticavamo… Il viaggio stampa era stato organizzato per partecipare in primis alla “BTR” Borsa del Turismo Religioso Internazionale, con workshop per gli addetti ai lavori (che per inciso è stato ancora una volta un successo per operatori e visitatori) ma come spesso succede, le attività di contorno, per qualcuno…
– forse – hanno avuto più successo dell’evento principale!
(Gianfranco Leonardi)

+ BOX

Per William Shakespeare:
“…fu grande il desiderio di vedere la bella Padova, culla delle arti…"
Di seguito i monumenti e le strutture che non si possono non vedere in occasione di un viaggio a Padova e dintorni:
ARENA ROMANA
L’antico teatro romano di Padova, altresì detto Arena perché vi si spargeva la sabbia (arena) e perché vi avvenivano i combattimenti dei gladiatori prima e giostre e tornei dopo…
BASILICA DEL SANTO
La Basilica di Sant'Antonio, conosciuta con il nome "Il Santo", è il centro religioso più importante della città
BATTISTERO DEL DUOMO
Rappresenta uno dei monumenti artistici più insigni della città
CAPPELLA DEGLI SCROVEGNI
La Cappella degli Scrovegni racchiude uno dei massimi capolavori della pittura del Trecento italiano ed europeo
CHIESA DEGLI EREMITANI
Antichissima sede agostiniana, famosa per la Cappella Ovetari, uno dei capolavori del Mantegna
ORTO BOTANICO
Fondato nel 1545 è il più antico orto botanico universitario del mondo. Patrimonio UNESCO.
GHETTO EBRAICO
A sud della piazza delle Erbe si snoda un labirinto di strade strette che formano il ghetto lì operante dal 1603 e abolito nel 1797
PALAZZO DELLA RAGIONE
Lungo 82 metri e largo 27, il "Salone" si erge sopra un loggiato trecentesco.
UNIVERSITA' (palazzo il BO') la più antica (dopo Bologna) e frequentata da Galileo, Copernico, Petrarca
MUSEO DI STORIA DELLA MEDICINA (musme) Palazzo della Salute, la medicina come non si è mai vista… un museo tra passato e futuro dove si coniuga storia e tecnologia tra veri reperti antichi e exhibit interattivi e con percorsi multimediali e ludici per i piccoli visitatori. DA VEDERE!!

domenica 2 ottobre 2016

VISITA AL MUSEO DELLA CIVILTA’ CONTADINA dell'Abbazia di Santa Maria delle Carceri


Dalla loggia è possibile accedere al Museo della Civiltà Contadina, ubicato al primo piano del Chiostro del 1500 ed inaugurato il 6 Ottobre del 2002. Lo spazio occupato dal Museo era un tempo il luogo più riservato del Monastero, dove si trovavano le celle dei Monaci Camaldolesi. Stufa a legna Stufa a legna Lo scopo del Museo è di mantenere viva la memoria di quella che, nei primi anni del 1900, era la vita della comunità agricola della nostra zona. Il materiale esposto proviene in buona parte dalle famiglie della Parrocchia, e diversi attrezzi e mezzi agricoli sono stati donati anche dalle comunità limitrofe. L’allestimento curato da professionisti, favorisce l’esposizione di moltissimi attrezzi agricoli, utensili e oggetti (oltre un migliaio) che lo rendono uno dei più ricchi e significativi Musei di questo genere. Nell’ampia sala d’entrata sono esposti alcuni pannelli che ripercorrono la storia dell’Abbazia di Carceri, dalla presenza dei Monaci Agostiniani all’inserimento dei Camaldolesi, fino all’arrivo della nobile Famiglia dei Conti Carminati, conclusosi con il passaggio definitivo del sito alla Parrocchia di Carceri. Sul fronte opposto una riproduzione illustrata della giornata del Monaco Benedettino, ospite dell’Abbazia di Carceri. Le quindici illustrazioni evidenziano le ore di lavoro, di preghiera e di riposo che i Monaci dovevano affrontare quotidianamente. Per una visita più attenta del Museo si propone questo itinerario: Sala della preparazione e sistemazione della terra per la semina, dove si possono vedere gli attrezzi per la semina e la sarchiatura, la mietitura e la raccolta dei prodotti agricoli : frumento, erba medica, barbabietole e granoturco. Stufa a legna Stufa a legna Continuando il percorso, dopo lo spazio dedicato alle Rogazioni, si possono intravvedere i tantissimi attrezzi della Stalla, indispensabili nella gestione dei lavori e degli animali che sostenevano l’attività agricola dei nostri nonni. Nella parte interna si può visitare un’ampia Sala dedicata ai lavori domestici, con tutti gli utensili della cucina, oltre lo spazio per la stiratura, per il cucito, per la lavatura degli indumenti dei nostri avi e a completamento una stanza da letto, munita degli accessori di una volta. Nella parte finale si possono visitare la stanza dedicata alle unità di peso e misura e una stanza con alcuni oggetti usati per il tempo libero. Accanto uno spazio che racconta il percorso del vino, con gli attrezzi e gli oggetti usati dai nonni. Nella parte del Museo che si affaccia al grande Chiostro del 1500, sono state allestite alcune sale dedicate ai lavori di quel tempo : La Sala della Scuola e dei Giochi, la Sala della lavorazione della lana e della canapa, la Sala del Calzolaio, la Sala del Falegname, e infine quella del fabbro “ favaro “ e dell’arrotino “ moleta “ . All’interno del Museo è stata prevista una Sala per le attività didattiche che possono essere svolte dai bambini della Scuola Primaria durante la visita al complesso Abbaziale. Il percorso proposto per la visita al Museo rappresenta una testimonianza del lavoro svolto dalle comunità dei Monaci Agostiniani e Camaldolesi per rendere viva e autosufficiente l’esistenza dei nostri avi.
PARROCCHIA “ANNUNCIAZIONE BEATA VERGINE MARIA Tel. 0429-619777
Via Camaldoli n.2 - 35040 - Carceri - Padova
GRUPPO ACCOGLIENZA ABBAZIA e-mail: accoglienza.abbaziacarceri@gma

La Chiesa di San Silvestro a Saletto nei Percorsi della Fede

La chiesa di San Silvestro è un edificio sacro situato a Saletto, comune della bassa padovana, più precisamente in località Cavaizza, nucleo abitato a 2 km a Nord dall'attuale centro, sull'arteria stradale che congiunge Saletto a Noventa Vicentina.
La chiesa è stata inserita nei Percorsi della Fede e verrà visitata a dicembre, nel corso delle iniziative di informazione della rassegna Borghi d'Europa, che si svolge sotto il Patrocinio del Comune di Saletto.

Storia

L'attuale chiesa venne edificata tra il IX e il X secolo su una fascia dossiva sabbiosa, originariamente nei pressi dell'antico alveo del fiume Adige con materiale di risulta di epoca romana, probabilmente abbondanti in loco, principalmente utilizzate per la costruzione delle pareti. Queste sono costituite prevalentemente da pietre bianche, marmo rosso di Verona e trachiti euganee provenienti da basolatura stradale, e in misura minore da cippi, coppi ed embrici.
Secondo alcune ipotesi si ritiene che la chiesa fosse sotto il controllo dell'abbazia di Nonantola.
I restauri effettuati alla fine degli anni novanta hanno confermato la datazione e la presenza di almeno tre precedenti edifici, dei quali si evidenziano i resti dei muri perimetrali, più piccoli, e che, grazie alla presenza di sepolture antistanti l'originale facciata che conservavano arredi funerari di epoca longobarda, si poterono collocare nel VII secolo.

Descrizione

Le due Maestà dipinte ad affresco sulla parete interna destra della chiesa risalenti alla seconda metà del XV secolo.
L'edificio è semplice, tipica architettura romanica, a singola navata, con copertura a capriate lignee e pavimento in mattoni, ed abside, come era uso nelle più antiche chiese cristiane, rivolto ad Est. La struttura incorpora anche il campanile, posizionato sulla sinistra della facciata, di forma massiccia, il quale poggia sul pilastro che, all'interno dell'edificio, è costituito da una stele sepolcrale in trachite su cui è scolpita l'iscrizione VALGIAE CVRVLANI, e la cui altezza raggiunge i 12 m. Altri elementi architettonici caratteristici sono le finestrelle laterali a doppio sguancio e quella presente sulla facciata, a croce.
All'interno l'unico altare è posizionato nel presbiterio che termina a conca, impreziosito dal catino affrescato con dipinti databili al 1508 che rappresentano presumibilmente un Cristo pantocratoreche sovrasta la Madonna e quattro santi tra cui san Rocco e san Sebastiano.
Le pareti interne sono ulteriormente impreziosite da affreschi databili alla seconda metà del XV secolo, alla destra dell'altare raffigurante san Silvestro I papa mentre alla sua sinistra e su quelle laterali delle Maestà (Madonna col Bambino seduti in Trono).
Altre particolarità sono la presenza di una seconda stele funeraria con iscrizione e un basamento con lavorazione a cornice, trovati sotto l'altare nei lavori di restauro ed ora esposti all'interno della chiesa.

Chiesa di San Silvestro (Saletto) 02.JPG

Due parole su..... Sossano

Sossano (Sosàn in veneto) è un comune italiano di 4 403 abitanti della provincia di Vicenza in Veneto.
Sossano, adagiato ai piedi dell'estremità meridionale dei Colli Berici, è delimitato a sud dal fiume Liona.

Geografia fisica

Situato a 19 metri sul livello del mare, il paese è limitato a sud dai fiumi Frassenella e Liona e a nord dai Colli Berici. Il nucleo storico del paese (Castro Celsano) si trova nelle vicinanze dell'antica chiesa di San Michele, vicino all'attuale cimitero.

Storia



Toponimo

Secondo lo storico Barbarano "vien detto Celsano quasi cielo sano, perché ivi è l'aere salutifero, et la nebbia poco si ferma presso il monte". Il nome può essere anche fatto risalire a Josano, da "Giove Sano", godendo di un clima meraviglioso.
A tali interpretazioni del nome di Sossano si adeguò probabilmente fin da epoca antica il comune di Sossano, adottando uno stemma in cui, divisi da una sbarra d'argento con la scritta "Coelsanus", appaiono un cielo sereno con un sole a sedici raggi ed un cielo notturno con un crescente di luna tra due stelle d'argento.
In realtà, il nome potrebbe più probabilmente derivare da "fundus Celsianus", ovvero "possedimento di Celsio". Infatti, il suffisso "-anus" indicherebbe una proprietà terriera concessa, nell'Antica Roma, ai veterani militari, fenomeno che influenza ancora oggi numerosi toponimi italiani.

Preistoria

La particolare conformazione geografica del luogo in cui sorge Sossano favorì sin da epoca antichissima gli insediamenti umani.
Sulla dorsale del monte della Croce sono state identificate tracce di industrie che risalgono alla preistoria più remota. Sono stati trovati numerosi reperti risalenti all'età del bronzo e al primo ed al secondo periodo atestino.
In pianura, in località Costa, è stata rinvenuta la presenza di numerose industrie dell'età neolitica ed in località Monticello un villaggio a fondi di capanna risalente all'età del bronzo, portato alla luce durante la seconda guerra mondiale.

Epoca romana

Sossano dovette avere un ruolo non secondario durante tutta l'età romana. Lo dimostrano l'identificazione dell'antico Olmo con l'"ombilicus urbano" e del territorio e i notevolissimi reperti che si attribuiscono al primo ed al secondo secolo d.C. Fondamentali per ricostruire l'assetto del territorio, in età romana, sono il tempio augurale del monte Cistorello e alcuni cippi, quali il basamento della croce del monte della Croce, e la cosiddetta croce di pietra[3].

Medioevo

Verso l'anno 753 d.C., Sant'Anselmo donò all'abbazia di Nonantola, presso Modena, che aveva lui stesso fondato, il monastero e l'ospizio di Santa Giustina, che aveva istituito nelle sue proprietà nel luogo detto Sossano. Anselmo era fratello della regina Geltrude, moglie di re Astolfo, e di Gaido, ultimo duca longobardo di Vicenza e conte di Carlo Magno. Dal secondogenito di Gaido discesero più tardi i conti di Sossano, di stirpe longobarda, che diedero origine a molte tra le più antiche e nobili casate vicentine e padovane.
Nella località detta Sajanega, con la sua celebre e vasta foresta, nel X-XI secolo, fiorì una intensa vita eremitica e vi soggiornò San Romualdo, che qui fondò un eremo, dove tra il 1037 e il 1066 visse e morì il santo francese Teobaldo, eremita e confessore[3].
Fra i tanti castelli esistenti nel Basso Vicentino, quello di Sossano fu uno dei pochi a non essere stato costruito dai vescovi di Vicenza; la sua erezione - di poco successiva al Mille - avvenne per opera dei Pilei i quali, prima che signori di Montecchio Maggiore e di altri luoghi, furono conti di Sossano e detti perciò "de Celxano" o "de Zauxano".
Il più antico documento rimastoci che nomini il castello è un atto pubblico del 1087 che risulta "actum in castro Celxano": a quel tempo dev'essere stato notevolmente forte ed importante, come dice lo storico Pagliarino: «... circondato dal ponte et fortissimo havendo nella sommità di esso monte una forte rocca». Il complesso comprendeva dunque anche una rocca, e sorgeva sulla sommità di un monte che da vari indizi sembra essere quello che vien chiamato monte della Croce.
Le vicende del castello nel corso XII secolo non sono conosciute; probabilmente esso rimase attivo e forse anzi ulteriormente potenziato, trovandosi nell'area in cui si svolsero le lotte tra vicentini e padovani, in un'epoca in cui si consolidava il potere dei Pilei; all'inizio del Duecento, però, i rapporti tra questa famiglia e l'imperatore devono essersi incrinati, perché nel 1220 quest'ultimo tolse il castello ai Pilei e lo cedette al vescovo di Vicenza.
I fatti di quel periodo non sono molto chiari, data la scarsa documentazione esistente. Nella prima metà del secolo esistono atti d'investitura vescovili che riguardano la hora castelli. Probabilmente intorno al 1240 Ezzelino III da Romano, nemico dei Pilei per essere questi alleati di Uguccione Maltraversi, espugnò il castello, che comunque non dev'essere stato distrutto; nel 1266 - quando, dopo la morte del tiranno, i beni furono restituiti - Manfredino figlio di Trentinacio di Orgiano rinunciò nelle mani del vescovo Bartolomeo da Breganze «comitatibus, jurisdictionibus … castris Oriani, Ville Ferri et Celxani».
All'inizio del XIV secolo il castello risulta coinvolto nelle feroci lotte scaligero-padovane successive al 1311. Il Pagliaríno riferisce in proposito che i padovani «consumarono molti giorni indarno mentre si sforzavano di debellare questo castello»; forse, però, non proprio tanto «indarno» perché risulta che il castello fu distrutto proprio da loro nel 1313.
Da quel momento del castello si parla sempre meno; sicuramente non fu più ricostruito e presto le sue rovine diventarono solo un riferimento di carattere topografico; lo dimostra un atto di investitura, fatta nel 1399 dal vescovo Giovanni da Castiglione, nel quale si parla di hora castri veteris.
Verso la metà del Trecento, durante la dominazione scaligera, il territorio di Sossano fu sottoposto, sotto l'aspetto amministrativo, al Vicariato civile di Orgiano e tale rimase sino alla fine del XVIII secolo.

Epoca moderna

Celsano ebbe nel tempo tanta fama per la salubrità dell'aria e la dolcezza del clima, che qui convennero nel 1428, per salvarsi dalla peste che infuriava nelle Venezie, numerosi e celebri umanisti e letterati veneziani. Cessata l'epidemia, fu eretta la chiesa del Santo Sepolcro, e da essa proviene la splendida scultura del Cristo morto, opera di Niccolò da Venezia, lo stesso che realizzò l'immagine della Mater Misericordiae, conservata oggi nel Santuario della Madonna di Monte Berico a Vicenza.
Da Sossano proveniva anche lo scultore Bartolomeo Cavazza, che fu il primo maestro del giovane Andrea Palladio.

Epoca contemporanea

Nal 1866 Sossano fu annesso, con il resto del Veneto, all'Italia. Dal 1928 al 1967 fu interessato dal passaggio della ferrovia Treviso-Ostiglia e dotato di una propria stazione.



Parrocchia di
SOSSANO-S.MICHELE ARCANGELO

Le Note del Gusto a Sossano, per il Concerto d'Organo e Voci

Il Festival Concertistico Internazionale di Vicenza ha proposto presso la Chiesa Parrocchiale di Sossano un concerto d'organo del M.° Felix Marangoni e del Coro Voci del Pasubio.
Il Concerto è stato realizzato con il sostegno dell’Associazione «Strade e Borghi Europei dell’Organo Storico», un progetto europeo in espansione.Alla presenza di Annalisa Banchieri (Presidente della sez. Veneto della Associazione Culturale Italia-Austria e Presidente del Comitato Promotore del nuovo itinerario culturale) e di Renzo Lupatin (Presidente della Associazione Internazionale Azione Borghi Europei del Gusto), si sono svolte le interviste e le riprese della redazione della trasmissione multimediale L'Italia del Gusto.
A seguire la degustazione dei prodotti tipici ed eccellenze dei colli Berici  e delle Prealpi Trevigiane(vini, pani, dolci, formaggi e salumi).

Sossano - Coro Voci del Pasubio / Felix Marangoni organo

VISITA ALL’ABBAZIA di Santa Maria delle Carceri (Pd)


Il complesso edilizio dell’Abbazia di Santa Maria delle Carceri testimonia ancora oggi complesse vicende succedute nella Bassa Padovana dal mille ai giorni nostri, nell’intreccio di poteri laici e di presenze di laboriosa e sapiente religiosità, come risulta dalle ricerche di eminenti studiosi e da antichi documenti. La visita comprende la Chiesa, i Chiostri, i locali dell’antica Biblioteca, il Palazzo Canonicale ed altri edifici adiacenti, come il portico d’ingresso, l’ex Foresteria, tutti funzionali alla vita del Monastero.
  1. IL PORTICO D’INGRESSO Il portico d'ingresso Appartiene all’inizio del monachesimo dell’Abbazia di Carceri e sorge come unica porta di accesso al monastero: è separato dalle strutture dedicate alla vita dei monaci, ma direttamente collegato alla Foresteria. Il portico, costruito dagli Agostiniani, è un edificio a pianta rettangolare, sottoposto a continui rimaneggiamenti. È costituito da un arco a fornice a sesto ribassato, che durante la notte veniva sbarrato da un pesante portone. Sopra si apre una loggetta a quattro archi e nella parte più alta fa bella vista una serie di merli a “coda di rondine“ , costruiti dai Conti Carminati a scopo ornamentale. Di fianco all’ingresso, si eleva alta e leggera la torre di guardia abbellita da un piccolo portico ornamentale. Adiacente alla torre si trovava l’abitazione del Padre Foresterario collegata, attraverso un porticato, alla Foresteria, struttura adibita all’accoglienza e all’ospitalità di pellegrini di passaggio o di ospiti permanenti. Dal 14 giugno 2015 la casa del Padre Foresterario è stata completamente restaurata e resa la sede del Centro di Spiritualità Scout, con lo scopo di formare ed educare alla fede i gruppi Scout della Regione Veneto.
  2. LA FORESTERIA La Foresteria La struttura sobria e armoniosa della costruzione appare adatta a documentare l’esercizio dell’ospitalità curata dai Monaci come prescritto dal capitolo 53 della Regola di San Benedetto, nel quale egli delinea il rito dell’accoglienza e raccomanda una cura particolare per gli ospiti poveri e per i pellegrini. È un edificio imponente, architettonicamente parlando, il più bello e armonioso di tutta la struttura Abbaziale. Il piano terra, costruito dai Monaci Agostiniani verso il 1200, con circa mille metri quadrati di superficie era lo spazio adibito ai servizi di accoglienza e ospitalità. Con l’avvento dei Monaci Camaldolesi la Foresteria fu elevata di un piano, poggiando, sui muri centrali del piano terra, possenti colonne in muratura che sostengono la struttura del tetto, attualmente completamente ristrutturato.
  3. LA RESIDENZA ABBAZIALE Abbazia Santa Maria delle Carceri Procedendo verso la Chiesa, a destra della facciata, si trova il palazzo canonicale. Riassume fra le sue mura le vicende dell’Abbazia, anche perché la sua struttura risulta stravolta dagli eventi succedutesi nel tempo. Attualmente è sede della canonica Parrocchiale. La villa, costruita dai Monaci Agostiniani come residenza del Padre Superiore, poi, con i Camaldolesi diventa sede dell’Abbazia Camaldolese. Nel 1690 l’Abbazia viene trasformata in una imponente azienda agricola e la villa assume il ruolo di residenza della nobile famiglia dei Conti Carminati. Oggi, dopo gli interventi per il restauro del tetto e del piano terra, è diventata canonica Parrocchiale. All’esterno, sulla facciata, oltre allo stemma dei Camaldolesi, appare anche quello dei Conti Carminati, un’aquila a due teste sopra un carro agricolo colmo di spighe, indice della trasformazione del monastero in azienda agricola.
  4. LA CHIESA: LA FACCIATA La facciata della chiesa Uscendo dal palazzo canonicale si impone allo sguardo la facciata della Chiesa nella sua maestosa armonia. Le statue, situate in alto sopra il timpano, raffigurano Dio Padre, Maria e l’arcangelo Gabriele nel momento dell’Annunciazione. Chiunque, varcato il portico d’entrata, può intuire a chi era dedicato il sito religioso. La facciata attuale è la terza, risulta da un restauro ad opera dei Monaci Camaldolesi dell’anno 1686 “meliori culto exornata”, come si vede dalla lapide sopra l’ingresso. Presenta una ricca trabeazione che si articola in due ordini. In quello superiore si possono ammirare rigonfiamenti e scanalature intercalate da nicchie, che ospitano le statue di San Pietro e San Paolo. Sui lati esterni le statue di San Benedetto, fondatore dell’Ordine dei Benedettini, e San Romualdo fondatore dell’Ordine dei Camaldolesi.
  5. LA CHIESA: L’INTERNO La Chiesa, fin dall’origine, ha funzione monastica, ma rimane collocata esternamente ai chiostri, tanto da essere facilmente raggiungibile sia dai Monaci che dai pellegrini. L'interno della chiesa L’attuale Chiesa è opera dei Camaldolesi, sui resti della chiesa Portuense e di quella a tre navate, tutte e due incendiate. Nel 1686 viene consacrata dal Vescovo di Padova San Gregorio Barbarigo, è costruita su pianta rettangolare con angoli smussati che rendono l’unica navata di forma ellissoidale. Il soffitto si alza a vela e tre ordini di finestre consentono una gradevole luminosit à. Entrando, le tre cappelle di destra raffigurano l’altare L'interno della chiesa di Sant’Isidoro, l’altare con la recente immagine della Madonna e l’altare con la pala della Crocifissione, attribuita alla scuola di Guido Reni. Sul lato sinistro, si trovano gli altari di Santa Lucia con Sant’Antonio da Padova, l’altare di San Bellino Vescovo di Padova e l’altare di San Romualdo, fondatore dell’Ordine dei Camaldolesi. Percorsa la navata si accede ad una delle parti rimaste dopo gli incendi delle chiese precedenti, Portuense e Camaldolese, ora adibita a Presbiterio. Nelle pareti laterali appaiono due lunette dipinte, sulla destra il trasporto della salma di San Teobaldo all’Abbazia della Vangadizza, sulla sinistra la rappresentazione di un ferito soccorso dal buon Samaritano che potrebbe essere San Romualdo. Al di là del Presbiterio rimane il Coro della seconda chiesa. È privo dei pregevoli stalli che, venduti nel periodo dei Conti Carminati, si trovano, ora, nel Duomo di Chioggia e nel Palazzo Ducale di Venezia. Sopra la trabeazione del Coro è posto un quadro raffigurante l’Annunciazione, opera di notevole valore di Luca da Reggio della scuola di Guido Reni.
  6. IL BATTISTERO Il Battistero È l’unica torre d’angolo rimasta del Chiostro Romanico, tutte le immagini rappresentate sulle pareti sono pagine della Bibbia. Ora il locale è adibito a fonte battesimale con una bella vasca ottagonale al centro. Il Battistero, con il Presbiterio, il Coro e una parte del campanile, appartiene ai resti salvati dall’incendio del 1242, al tempo degli Agostiniani e restaurati con la chiesa a tre navate. L’interno, con volta a crociera, conserva nelle quattro pareti degli affreschi che possono sembrare stilisticamente differenti ma in realtà fanno tutti parte del periodo Camaldolese. Di fronte all’entrata l’Annunciazione, sulla destra la Crocifissione, sulla sinistra lo splendore della Pentecoste, e sopra la porta d’ingresso si può ammirare la Resurrezione. Tutti gli affreschi sono collegati al centro della volta dove è rappresentato Dio Padre.
  7. IL CHIOSTRINO ROMANICO Il chiostrino romantico Il Chiostrino Romanico appartiene alla fase costruttiva dei primi Padri Agostiniani. Rimane solamente un lato, ma sufficiente per farci capire come doveva essere l’insieme: uno dei più belli del Veneto e probabilmente anche unico nel suo genere per l’epoca e per lo stile. Il chiostrino è costituito da 24 colonnine monolitiche l'epoca e per lo stile. Il chiostrino è costituito da 24 colonnine monolitiche in marmo rosso di Verona, variamente abbinate e composite, che sostengono altrettanti capitelli e archetti, tanto da formare una struttura graziosa e leggera alla vista, ma solida tanto da sostenere una parete in muratura massiccia e pesante. Il posto, almeno per i Monaci Agostiniani, rappresentava il Chiostro Silente, con al centro del rombo il lavabo, che univa il Refettorio alla Chiesa. Oggi, al posto del lavabo, una fontana in marmo rosso di Verona.
  8. IL CHIOSTRO RINASCIMENTALE Il chiostro rinascimentale È adiacente a quel che resta del Chiostro Romanico e viene costruito verso la metà del 1500 dai Camaldolesi, entrati nel Monastero per decisione del Papa Gregorio XII, con lo scopo di favorire il riordino morale e materiale del luogo. Il chiostro è modellato nello stile del Rinascimento: presenta ampi archi, sostenuti da colonne toscane, sovrastate da una bella trabeazione che divide il porticato dal piano superiore con le finestre delle celle dei Monaci. L’elegante loggia sopraelevata presenta svelte colonne con volute coniche, dalla quale è possibile ammirare l’armonia dell’intero chiostro. Il chiostro, originariamente, ospitava le aule di lezione, di studio, di riposo e di sorveglianza. Nel mezzo del chiostro un pozzo monumentale di marmo rosso conferisce signorilità ed esalta lo stemma dei Camaldolesi: due colombe che si abbeverano allo stesso calice, simbolo di Eremiti e Cenobiti che attingono forza da Cristo.
  9. L’ANTICA BIBLIOTECA – SALA DEGLI AFFRESCHI È posta sopra la sala che era adibita a refettorio e si raggiunge percorrendo tutta la loggia. La sala suggerisce un ammirato silenzio adatto ad accogliere la ricchezza culturale e sapienziale custodita, in origine, nei libri e nei codici presenti nella Biblioteca ed ora sparsi a Venezia e altrove, dopo l’esodo forzato dei Camaldolesi da Carceri. Le colonne, i capitelli e gli ovoli dipinti conferiscono alla sala una sobria solennità esaltata da un insieme di affreschi stesi lungo L'antica biblioteca tutte le pareti e attribuiti alla scuola del Salviati. Ogni figura è collocata a fianco di colonne scanalate e rettangolari, con i piedi che poggiano su una piccola base a sua volta collocata sopra un capitello. Pare proprio che le figure abbiano una propria volumetria, non solo grazie a questa finta architettura, ma anche grazie all’ariosità dei panneggi. Di particolare efficacia è la rappresentazione della Madonna Annunciata e dell’Angelo Nunziante, che sembra rassicurarla dopo averle comunicato il lieto evento. Fra le due figure l’immagine di Isaia con il rotolo della sua profezia. Altre figure dell’Antico e del Nuovo Testamento, in parte legate alla vita dell’Abbazia, arricchiscono la Sala degli Affreschi. Attualmente la Sala, molto apprezzata dai visitatori, è anche riservata ad eventi letterari, riunioni, mostre pittoriche e fotografiche.

L'Abbazia di Santa Maria delle Carceri nei Percorsi della Fede

Con la visita alla Abbazia di Santa Maria delle Carceri (Padova), si è concluso l'itinerario conoscitivo
dei giornalisti e comunicatori della rete dei borghi europei del gusto.
Grazie all'incontro con i volontari del Gruppo di Accoglienza (che hanno anche partecipato a Montagnana alla conferenza stampa di presentazione della rassegna Borghi d'Europa, che si terrà nella Bassa Padovana e nella Bassa Veronese dal 1 al 4 dicembre 2016), l'Abbazia è stata inserita nei Percorsi della Fede.

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